Professioni femminili? Ieri oggi e domani
Su oltre 500 premi Nobel in materie scientifiche, solo 16 sono stati assegnati a donne. I dati sembrano affermare che la situazione non sia molto diversa rispetto ai primi anni del secolo scorso in cui si pensava che se una ragazza avesse studiato matematica non avrebbe mai trovato marito. Però oggi, considerando che chi opta per una preparazione tecnico-scientifica ha maggiori possibilità di guadagno e occupazione, probabilmente nessuno si meraviglierebbe di vederla con la fede al dito.
Nonostante le donne siano consapevoli che laureandosi in materie come fisica, ingegneria o medicina potrebbero avere meno preoccupazioni per il futuro, le statistiche dimostrano che la maggior parte di loro sceglie ancora discipline umanistiche.
Sembra però che le donne del XXI secolo siano state chiamate a colmare una volta per tutte quello che in Europa ha preso il nome di “pay gap”, cioè il divario salariale tuttora esistente tra lavoratori e lavoratrici. Molti dati infatti continuano a testimoniare differenze in termini di retribuzione e stabilità del lavoro che vedono penalizzate la maggior parte delle laureate e ancor di più le neomamme. Saranno allora tecnologia e scienza le vie giuste per porre fine alle disparità di genere nel mercato del lavoro e perché ancora oggi queste tematiche sono aperte?
“Esiste ancora un forte pregiudizio sia nella nostra società, sia all’interno del sistema formativo per cui le ragazze non ricevono grossi stimoli nell’intraprendere discipline scientifiche nel nostro paese in cui è presente un vizio culturale che va ad intaccare il rapporto donne-scienza – afferma Luciana d’Ambrosio Marri, sociologa del lavoro e consulente di management – una volta entrate nel mondo del lavoro, alle laureate continuano a mancare motivazioni dall’esterno per progredire nell’ambito scientifico, nonostante paradossalmente la maggior parte di esse abbia ottenuto voti migliori rispetto ai colleghi maschi. Perciò le studentesse che scelgono percorsi di studi come matematica, fisica o ingegneria pur essendo di numero crescente, una volta che iniziano la loro carriera vanno comunque incontro ad una “corsa a ostacoli”, dovendosi confrontare con un’organizzazione del lavoro al maschile che spesso non risponde alle esigenze di chi sceglie la maternità”.
La sociologa parla però del futuro occupazionale delle donne in termini positivi, mettendo in risalto quelle caratteristiche più appartenenti alla specificità femminile che sono particolarmente utili a chi opera nel campo della ricerca o a chi ricopre cariche di responsabilità: le donne per esempio hanno la cosiddetta “capacità negativa” che permette di riuscire a convivere con la fatica in attesa che si sviluppi un cambiamento positivo, hanno maggiore creatività, ma soprattutto sono figure che tendono a porsi delle domande, cosa che in ambito scientifico è fondamentale.
Inoltre sono capaci di fare più cose contemporaneamente e riescono a sintetizzare più tipologie di intelligenze, infatti, non a caso, Ovidio chiamò Minerva “la divinità dai mille compiti”.
Esempi più recenti di scienziate italiane come Rita Levi Montalcini e Margherita Hack confermano questa tesi e non devono essere dimenticati. Quindi non è vero che le donne non sono portate per la scienza, ma purtroppo loro stesse hanno rinforzato questo pregiudizio che si è prepotentemente inculcato nella società e nel loro inconscio. Secondo il parere dello psichiatra Paolo Crepet invece, perché ci sia una cambiamento, molto dipende da quello che vogliono le ragazze che a volte ancora oggi ragionano come nel passato quando la cultura scientifica e l’istruzione erano un privilegio per poche ed erano costrette ad emergere dove potevano, cioè nel campo umanistico. Il problema non è solo italiano, come testimonia la battaglia sull’equità di Obama, ma può essere superato attraverso meccanismi capaci di correggere la sperequazione uomo-donna, come un codice etico per le aziende. “Wister” e “Nuvola rosa” sono per Crepet iniziative appropriate per comunicare con le più giovani e far affermare un nuovo trend. Suggerisce che, per esempio, la tecnologia permetterà alle impiegate incinte che si assentano dal lavoro di esercitare la propria professione anche da casa con un bambino piccolo.
Per concludere quindi, come ha sottolineato d’Ambrosio Marri, si può osservare ancora una volta l’importanza storica della solidarietà di genere che, attraverso la condivisione delle conoscenze, pone le basi per l’educazione e la consapevolezza delle nuove generazioni, ma soprattutto contribuisce a creare una fiducia su un futuro incerto valorizzando il riconoscimento delle differenze reciproche per la vittoria delle pari opportunità di fatto